Zelensky, groucho marx e la teoria del comico di bachtin. Ovvero: perché commedia e coraggio sono le due facce della sovversione democratica
Quella volta che, già presidente, qualcuno lo chiamò clown, Zelenszky non rinnegò. Anzi, postò subito su Instagram la sua faccia ornata del classico grande naso rosso. Il rifiuto di comportarsi da ‘adulto’ fece infuriare allora i suoi oppositori, più o meno come Groucho Marx fece infuriare i suoi rivali ne “La guerra lampo dei fratelli Marx”.
Guardando Zelensky oggi nessuno pensa: Ehi, una volta era un commediante. Pensa invece: Ecco com’è fatto un comico al potere.
Perché Zelensky è un democratico imperfetto, come lo era Churchill e come lo è ognuno di noi. Ma per chi voglia studiare quale sia oggi un modo per ispirare un popolo alla democrazia, Zelensky sembra un grande maestro. La sua retorica veloce, fatta e consumata sugli smartphone, vive di sentenze fulminanti, come la frase che rimarrà storica “Non ho bisogno di un passaggio, ho bisogno di munizioni”; o del riciclo imprevedibile delle parole di Churchill; o anche solo di un “qui”, quel “qui” ripetuto all’inizio di molte riprese, giusto per ribadire: “ehi, guardate che noi stiamo qui!”.
E può essere bello di questi tempi vedere Zelensky attraverso gli occhi di un grande critico russo, Michailovič Bakhtin. Bakhtin, studiando Rabelais, teorizzò la relazione della commedia con il potere.
Tutte quelle cose corporali ridicole, notò – come copulare, defecare, ubriacarsi, scorreggiare – in cui una commedia ben in salute sguazza, ci ricordano i limiti del potere nel dominare le nostre esistenze. Perché la Chiesa e le alti Corti possono darci degli ordini, ma non possono creare un ordine più resistente di quello gloriosamente indecente dei nostri corpi.
Commedia e coraggio democratico sono dunque semplicemente la stessa cosa, solo vista in momenti differenti: quello che hanno in comune è di sfidare l’autorità per la causa dell’umanità —affermare il desiderio di ognuno di noi, animali ridicoli e imperfetti che siamo, di vivere come vogliamo.
(Non è un caso che così tanti sul fronte autocratico russo oggi, come il patriarca Kirill, siano ossessionati dalle parate del gay-pride, proprio perché incarnano lo spirito del carnevale, cioè un modo capovolto di vedere il mondo, la sovversione che fa loro tanta paura)
In un articolo oggi del NewYorker, al di là del tragico destino che incombe in queste ore su Zelensky e il suo popolo, ha il suo perfetto suggello in una frase ch’egli disse nel 2019, nel corso di un’intervista a Bernard-Henri Lévy, che svela quanto fosse consapevole delle connessioni fra “la sua posizione di clown e il suo ruolo di leader”. Quando Levy gli chiese se sarebbe stato capace di far ridere persino Putin, Zelenzky infatti rispose: “La risata è un’arma che è fatale agli uomini di marmo. Vedrete.”