SE SIAMO TUTTI DENTRO A UN KARAOKE
Ero molto giovane quando mi ritrovai per la prima volta fra le mani un saggio dal titolo affascinante, “Il potere dei senza potere”. In una nota, l’editore avvertiva d’averlo tradotto all’insaputa del suo autore, Vaclav Havel: dissidente del regime sovietico, in quel momento era in prigione a Praga.
Nel libro si sosteneva che qualsiasi sovvertimento positivo della realtà può nascere da una presa di coscienza e un atto individuale: “Nessuno sa quando una qualsiasi palla di neve può provocare una valanga”. E che per combattere l’ideologia e il potere non servono un’altra ideologia e potere: basta pensare e muoversi e vivere dentro la verità.
Questo fu per me un mantra in un’età in cui, appena finiti gli studi di filosofia, lavoravo come giornalista di cronaca, e nutrivo la velleità di dare voce a chi non ne aveva una – il potere dei senza potere – e di inseguire ogni giorno la verità.
Ma oggi, in un mondo dominato da strapoteri sovranazionali controllanti, abbiamo un problema in più riguardo la “verità”: siamo capaci di riconoscere cosa è autentico? C’è troppo chiasso intorno per capirlo. Il potere di chi ha potere opera indisturbato una continua manipolazione delle parole, manomettendole, stravolgendole, abusandole, svuotandole di significato.
Faccio un piccolo ma famoso esempio di abuso del significato, che riguarda il nostro Paese e la nostra lingua (in alcuni campi siamo degli apripista): se ricordate, a un certo punto abbiamo cominciato a parlare di libertà al plurale. Improvvisamente non esisteva più la libertà, ma le libertà: una delle aspirazioni più alte dell’umanità era stata ridotta di colpo ad arbitrio e piccolo potere individuale.
Quando la parola scivola così nel buco nero delle demagogie e del camuffamento del potere, si sporca, invischia e inghiotte ogni pensiero e movimento che possa essere autenticamente contrario.
Le parole sono indispensabili per raccontare a noi stessi e agli altri la nostra storia e disegnare i nostri desideri. Sono il pilastro di ogni costruzione, mentale, etica, sociale, politica.
Quale consapevolezza possiamo raggiungere, quale visione alternativa, quale capacità di rovesciare il tavolo, se veniamo scippati dell’unica maniera che abbiamo per condividere il significato delle cose?
Se i mezzi di comunicazione più diffusi, ovunque nel mondo, continuano a lavorare a cavallo fra bieca informazione e bieco intrattenimento, in piena confusione semantica, quale scampo ci resta?
Sono stata fra i primi a credere che il web sarebbe stato capace di aprire un vero, grande e funzionale squarcio, di diluire l’inquinamento verbale, ripulire la parola, ridare il potere ai senza potere. Di costruire ogni giorno, con il confronto e il dialogo fra mondi lontani, una società vera, pulita e consapevole, capace di dare un senso nuovo alla parola democrazia e rendere migliori noi stessi e il mondo.
Al momento però non vedo luce.