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Processo all’arte

Settembre 2023
Processo all’arte

Si può lavorare, nel chiuso di un teatro, per mettere in scena una commedia, mentre per le strade infuria una rivoluzione che richiede coraggio e sangue versato? Quanto l’arte può essere politica, e qual è il momento in cui smette di avere un ruolo significativo rispetto all’azione?

In inglese ‘to act’ indica entrambe le cose: agire e mettere in scena l’agire. Tutto questo si mescola dall’inizio alla fine nel film che ha aperto le Giornate degli Autori a Venezia, “The Sun Will Rise”, del regista iraniano Ayat Najal.

Salutato da ‘International Cinephile Society’ come “the perfect marriage between art and political engagement”, il film, prodotto da Angelo Laudisa con la sua casa francese Rosebud, cattura la testa e le visceri, a partire da quella marcia di piedi, che pesta il palcoscenico in un accecante bianco e nero, al ritmo pressante di una colonna sonora che alla fine annulla i pensieri e invita all’azione.

La trama. Un gruppo di attori a Teheran nell’ottobre del 2022 sta provando LIsistrata, la commedia di Aristofane considerata femminista ante litteram, con le donne che rifiutano il sesso ai loro uomini finché non smetteranno di fare la guerra. Ma ecco che da fuori cominciano ad arrivare le grida e gli spari della rivolta per la morte di Masha Amini, uccisa a botte in una stazione di polizia per non aver correttamente indossato il velo.
I giovani attori, asserragliati nel teatro (uscire vorrebbe dire partecipare agli scontri), cominciano a discutere.

I loro corpi – i volti mai ripresi e le immagini spesso fuori fuoco per la reale necessità di non svelare la loro identità alle autorità iraniane – sono frammentati. Sono piedi e gambe nude, bocche, jeans femminili stretti, tacchi a spillo e anche una mutandina di pizzo sfilata lentamente: immagini che, frammiste a quelle di reportage della rivolta, comunicano, in un serrato crescendo, un’istanza di libertà, mentre la discussione fra gli attori sul senso del loro lavoro si fa sempre più accesa.

Infine, la troupe si ribella al regista, accusato aspramente di avere uno sguardo da ‘turista’, dal momento che vive da anni fuori dal paese e può uscirne quando vuole. “Continueresti a riprendere se ti chiamassero da scuola per dirti che hanno sparato in un occhio a tua figlia ?”, gli viene chiesto da un’attrice, prima di decidere di uscire all’esterno del teatro e unirsi alla folla.

Questa è un’opera, considerata da ICS “una pietra miliare del cinema iraniano”, i cui attori al momento, oltre a non avere volto, non possono avere neanche un nome.

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