Perché l’assassinio a sangue freddo del CEO di una compagnia di assicurazioni suscita tante risate?
La compagnia di assicurazioni americana UHC ha dovuto disattivare su Linkedin i commenti al suo post sull’uccisione a Manhattan del suo CEO da parte di un giovane che si è poi allontanato in bicicletta: migliaia di persone reagivano “gradendo”, e qualcuno anche con un “applauso”. Così su Facebook, dove, in poche ore, lo stesso post aveva ricevuto più di 36mila reazioni di “risate”.
Sui social, una valanga di battute. “Mi dispiace, è necessaria un’autorizzazione preventiva per i pensieri e le preghiere” (su TikTok, 15mila like). “Ha una storia di sparatorie? Copertura negata”(su Instagram). “La mia risposta ufficiale a quest’omicidio”, con un grafico che confronta la distribuzione della ricchezza nella Francia di fine ‘700 con quella dell’America di oggi (su X). E in tv: “No, non sono io l’assassino, purtroppo non so andare in bicicletta” (una donna di 88 anni, rimasta senza copertura).
La moglie del CEO ha dichiarato che il marito aveva ricevuto minacce motivate da “non so, una mancanza di copertura?…”
The New Yorker, autorevolissimo giornale che sta per festeggiare 100 anni di vita, e Zeteo, media online di rottura nato pochi mesi fa, questa settimana si interrogano su queste reazioni, e traggono pressappoco le stesse conclusioni.
“Per la maggior parte degli americani” scrive Il NY, “una società come UH non rappresenta tanto la fornitura di cure mediche quanto un ostacolo attivo a riceverle. UH assicura quasi un terzo dei pazienti iscritti a Medicare, un programma finanziato dal governo e agevolato da compagnie assicurative private, che ricevono una tariffa forfettaria per ogni paziente e poi producono profitti riducendo al minimo i costi di assistenza. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, queste compagnie private incassano centinaia di miliardi di dollari dal governo ogni anno e fatturano in eccesso a Medicare altri dieci miliardi di dollari l’anno. UH ha anche fatto ricorso a cause legali per contrastare il suo obbligo di restituire quanto ottenuto in eccesso.”
E poi: “UH stava combattendo contro una decisione del tribunale secondo cui aveva agito in modo ‘arbitrario e capriccioso’ negando ripetutamente un’assistenza”.
Il problema non riguarda solo gli Stati Uniti. Dal momento che la nostra assistenza sanitaria pubblica, invidiata in tutto il mondo, si sta sgretolando, oltre innanzitutto a lottare per salvarla, dobbiamo alzare la guardia sulle assicurazioni integrative cui, chi può, o chi è costretto a farlo, ricorre.
Una testimonianza personale: anni fa è stata tolta, da una delle più importanti società del settore, l’assicurazione malattia a tutta la mia famiglia quando uno dei suoi membri si è ammalato. La testimonianza di un amico: pochi giorni fa, dopo aver subito un intervento, la sua assicurazione gli ha scritto: dal prossimo anno lei non è più coperto, perché “non troviamo conveniente farlo”. Letteralmente.