“Penso che sia più onesto, in un certo senso, essere soggettivi”
“Voglio mostrare le cose dal mio punto di vista perché penso che sia più onesto, in un certo senso, essere soggettivi”, aveva detto anni fa il fumettista Joe Sacco, rispondendo alle accuse di essere troppo di parte sulla Palestina. “Ammettere i propri pregiudizi; ammettere i punti in cui ci si sente a disagio in una certa situazione. Ammetterlo e basta.
E comunque trovo molto difficile essere obiettivi quando per me c’è un chiaro caso di oppressione di un popolo. Non so cosa significhi essere obiettivi in una situazione del genere. Preferisco essere onesto su ciò che sta accadendo.”
In questi giorni Joe Sacco, maltese-americano, antesignano dei fumetti di reportage di guerra, è tornato a disegnare per Gaza. Lo sta facendo su The Comic Journal, rivista arrabbiata da sempre, che per prima gli diede un lavoro, e gli pubblicò “Palestine”, con prefazione di Edward Said, quando nessuno voleva farlo; e lui vinse l’American Book Awards per il suo “notevole valore letterario”.
“La mia prima reazione all’assalto di Hamas il 7 ottobre a Israele è stata di paralisi” ha scritto nelle prime battute del suo nuovo lavoro su TCJ. “La portata delle morti di civili israeliani mi ha lasciato orripilato e ha superato di gran lunga qualsiasi giustificazione dell’attacco io potessi accettare.
Chiunque abbia seguito gli eventi nel Medio Oriente, anche solo casualmente, sapeva che la risposta di Israele sarebbe stata rapida e sproporzionata.
Ma io ero solo teoricamente preparato al peggio: la realtà dell’assalto a Gaza, come è riportata dai coraggiosi giornalisti palestinesi, è stata quasi oltre la mia capacità di comprensione.”
Joe Sacco sta disegnando le sue strisce ogni settimana con la passione e la rabbia di chi ha trascorso mesi a suo tempo a Gaza, e lì ha lasciato molti amici.