La Terra Promessa agli scrittori
Nel mercato editoriale US si presenta in questi giorni una nuova casa editrice con un programma capace di far luccicare gli occhi a qualsiasi scrittore. Col significativo nome di “Authors Equity” infatti, s’impegna a “rimodellare il rapporto fra editore e autore”, dando agli autori percentuali molto più elevate sulle vendite, il controllo creativo del loro lavoro e la proprietà dei diritti.
Con parole ancora più dirette, promette agli scrittori di assegnare loro “la parte del leone”, e non solo “nei profitti”.
Persino il team free-lance dedicato al libro, composto di redattori e addetti al marketing, ver-rebbe indicato dall’autore e dal suo agente.
Un solo inconveniente da segnalare finora: niente anticipi.
Salutato come “un rivoluzionario approccio”, “un allineamento senza precedenti”, e forse prima crepa in un mondo le cui regole hanno bisogno di essere rinfrescate, la start-up sta facendo molto rumore, anche perché presidente e amministratrice delegata hanno lasciato per questa impresa posti altrettanto apicali alla Penguin Random House.
I finanziatori invece sono alcuni scrittori bestselleristi che hanno all’attivo milioni di copie vendute. “È tempo di un nuovo modo di fare business, in cui l’autore è al vertice della piramide”, ha dichiarato uno di loro.
E proprio qui giace il problema. “Authors Equity” pare cucito addosso a chi, appunto, ha già un’equity come autore, come i bestselleristi seriali e i catalizzatori di followers.
Gli anticipi sulle vendite che gli editori tradizionalmente offrono consentono infatti ai romanzieri esordienti di mantenersi mentre scrivono, oppure a giornalisti e accademici di sostituire i loro stipendi quando vanno in congedo per scrivere un libro.
L’anticipo è sempre una lotteria per l’editore, un elemento di rischio, perché molti libri non guadagnano poi abbastanza da coprire gli anticipi. Ma contemporaneamente qualche bestseller e i libri che ha già in catalogo lo mantengono finanziariamente in piedi. (Ecco anche perché è così difficile avviare nuove case editrici: non hanno vecchi titoli che supportino i nuovi su cui scommettere.)
Immaginiamo allora cosa accadrebbe se gli autori di best seller diventassero tutti azionisti di proprie case editrici, lasciando alle vecchie case l’elenco, sempre ampio, di libri poco venduti o rischiosi da pubblicare. Invece di immettere aria nuova come proclamano, renderebbe asfittico tutto il settore, e condannerebbero a morte rapida moltissime imprese serie.
(In questi giorni su Prime è arrivato “American Fiction”, una critica feroce ai meccanismi del mercato editoriale e alla sua incapacità di supportare libri con un valore, piuttosto che quelli di moda o di un genere stereotipato. Film divertente e tragico allo stesso tempo, da vedere.)
Alla fine, più che una rivoluzione, più che la terra promessa per tutti gli autori, “Authors Equity” potrebbe ridursi alla riscossa dei bestselleristi.