La storia degli assassini fra “libri marci, luridi e ruffiani” e autentici capolavori
Non c’è da meravigliarsi – scrive il critico letterario Robbie Millen sul The Sunday Times di questa settimana – se il genere del true crime, cioè della narrazione di un crimine realmente avvenuto, abbia una pessima reputazione, data la gran quantità di “libri marci, luridi e ruffiani scritti e pubblicati sui serial killers”. Ma in quel genere sono stati scritti anche dei superbi classici letterari, fra i quali Millen già annovera “A Thread of Violence”, dell’irlandese Mark O’Connell, pubblicato in UK appena la settimana scorsa, definendolo “una lettura affascinante”.
“A Thread of Violence” racconta quello che in Irlanda fu chiamato il “GUBU affair”, per riprendere le parole dell’allora primo ministro a commento di un doppio assassinio avvenuto nel 1982, dove GUBU stava for Grotesque, Unbelievable, Bizarre, Unprecedented, e cioè grottesco, incredibile, bizzarro, senza precedenti, sigla che già da sola promette una storia interessante.
Visto che c’è, Millen ricorda altri bei libri true crime, come “Mezzanotte nel giardino del bene e del male” (John Berendt 1994), che si legge come un romanzo, ma è la storia vera di un antiquario che uccise una prostituta, e nello stesso tempo il ritratto suggestivo di una cittadina della Georgia negli anni Ottanta; “Assassini della terra rossa” (David Grann 2017), che segue il filo degli omicidi dei nativi americani quando nella contea di Osage, in Oklahoma, all’inizio degli anni Venti, fu scoperto il petrolio; “Omicidio a Road Hill House” (Kate Summerscale 2008), che ha dato il via a un piccolo filone editoriale sul crimine del XIX secolo, con uno sguardo sotto le sottane del perbenismo vittoriano; “Somedy’s someone, somebody’s son” (Gordon Burn 1984), che esplora la mente di quello che fu chiamato lo Squartatore dello Yorkshire, ma nello stesso tempo descrive la durissima vita delle famiglie disagiate del West Yorkshire negli anni Settanta.
Naturalmente Millen non dimentica di citare il magnifico “L’Avversario” di Emmanuel Carrère e … dà per scontato che prima di tutto si sia letto quel capolavoro, capostipite del genere, che è “A sangue freddo” di Truman Capote.