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Cos’e’ successo a Clooney?

Gennaio 2022
Cos'e' successo a Clooney?

Ha tradito un bar molto alcolico per guadagnare una banale medietà di sentimenti

Ogni volta che si trasferisce un romanzo nel cinema, quello che rimane sono l’emozione e l’intelligenza della storia. Per il resto, sappiamo che il diverso linguaggio porta spesso a ridurre i personaggi in campo e a volte a modificare la trama.

Più in generale, ognuno di noi trova qualcosa di speciale in un romanzo e se ne perde altre. Sceglie in cosa immedesimarsi, quale filo rosso seguire, mentalmente ed emotivamente. A maggior ragione in una storia di memorie, fatta cioè di momenti, dettagli, sollecitazioni, spinte che potevano andare in un senso o in un altro.

Ma quello che è accaduto alla lettura di Clooney del libro autobiografico “The tender bar” di Moehringer, sceneggiato da Mohahan, è diverso: annacquando i fiumi d’alcol che scorrono nel romanzo, ha proprio spostato completamente il fuoco.

Ha fatto sparire quella crosta di asprezza e miseria caratteriale e senso di fallimento sociale dalla casa del protagonista, trasformandola in un luogo caldo e accogliente seppur disfunzionale.

Ha fatto sparire gli avventori del bar, i modelli maschili di cui si nutre il protagonista del libro, ridotti nel film a poco più che personaggi da sitcom (scelta meditata, perché le scene corali girate sono state poi nel montaggio relegate a un “dietro le quinte” mentre scorrono i titoli di coda).

Ma soprattutto, ha trasformato lo zio Charlie in un tipo molto cool. Uno sano mentalmente e fisicamente, a cui risulta facile facile mostrare affetto e saggezza e fare tout-court da padre putativo al protagonista.

E infatti è lui il co-protagonista del film, e non il bar, non la ferocia delle sbornie dove annegare il senso di fallimento, non il mondo macho, dove tratti male e accetti di farti trattare male per poi crescere oppure morire dentro.

Nel film il bar è una location come un’altra, e non il luogo sacro, non il rifugio salvifico, non quell’inferno e paradiso che nutre il bambino e poi il giovane nel libro.

Non è il bar che salva nel film. E’ solo un buon zio Charlie.

Una storia in odore di politicamente corretto (ehi, Clooney?), la famiglia che ti supporta nell’ascesa sociale. Una storia americana già sentita mille volte.

E allora forse è lecito chiedersi: perché lasciare quel titolo? Nel film non ritrovi proprio niente dell’anima del Tender bar. Non ti resta che apprezzare l’esercizio di stile, nei costumi e nella fotografia.

Anzi no, un momento: non c’è forse una certa sciattezza anche nell’accettare che un bambino dai capelli neri neri e lisci diventi un adulto biondino e riccio?

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